Nel loro complesso i bassorilievi del XIII secolo non hanno mai nulla di ovvio; tutti i particolari sono stati vissuti dagli artisti che vivevano vicini alla natura. A ridosso delle mura della piccola città medievale comincia la campagna vera e propria, le terre arate, i prati e il succedersi delle attività cantate da Virgilio.
I due campanili di Chartres si innalzano sulle messi della Beauce, e la cattedrale di Reims domina i vigneti della Champagne. A Parigi, dall’abside di Notre-Dame si vedevano le praterie e le foreste, e così gli scultori, componendo le loro scene di vita rustica, poterono ispirarsi a una realtà assai vicina.
Nel Medioevo l’anno iniziava in date che cambiavano a seconda delle regioni. L’anno iniziava talvolta in marzo, talaltra in aprile (Annunciazione, Passione), e talvolta il 25 dicembre (Natività), talaltra ancora al primo di gennaio (Circoncisione). In due città abbastanza vicine quali Reims e Soisson, l’anno aveva inizio a Reims nel giorno dell’Annunciazione (25 marzo), e a Soisson nel giorno di Natale.
Per un contadino del Medioevo, gennaio era il mese delle feste e del riposo; da Natale fino alla festa dei Magi c’era più di un’occasione per fare dei banchetti e le usanze pagane, mai domate, ricomparivano a favore della libertà nelle festività cristiane. Alcuni vecchi calendari illustrano i primi giorni di gennaio con due corni per bere. Nel XIII secolo gli scultori ci mostrano un uomo seduto, maestoso come un sovrano, davanti a una tavola imbandita. Talvolta questo personaggio ha due teste: spesso una di esse è quella di un giovane, mentre l’altra è di un vecchio.
E’ evidente che qui ci troviamo davanti all’antico Giano Bifronte, di cui l’insegnamento nelle scuole aveva perpetuato il ricordo. Piaceva il simbolismo dei due volti: uno guardava al passato, l’altro all’avvenire; l’uno apparteneva all’anno appena concluso, e l’altro all’anno nuovo. Talvolta per maggiore chiarezza si raffigurava Giano che chiudeva una porta dalla quale si eclissava un vecchio, e spalancava un’altra a un giovane uomo.
Febbraio non segna ancora la ripresa dei lavori dei campi. In Italia il sole già brilla e il contadino incomincia a potare la vigna, come si vede in un manoscritto italiano della Biblioteca Nazionale. Ma nella Francia settentrionale, Ile-de-France, Piccardia, Champagne, nella Francia delle cattedrali, febbraio è ancora un rigido mese invernale. Il contadino resta in casa, se nulla lo obbliga a uscire, a scaldarsi a un buon fuoco di legna.
In marzo non è più consentito rimanere nell’angolo del fuoco.
A Parigi l’Ariete dello zodiaco di Notre-Dame è circondato dai primi fiori, e il contadino va alla vigna. A Chartres, a Semur, a Rampillon uno la pota, un altro la vanga, e così ad Amiens, che oggi si trova oltre la latitudine nella quale si coltiva la vite, ma che nel Medioevo ebbe dei vigneti, come dimostrano le denominazioni che sono rimaste a molte proprietà.
Ma poiché il vento è freddo e il cielo mutevole, a Chartres il contadino indossa ancora il mantello invernale con il cappuccio.
Per l’uomo del Medioevo aprile è il mese più bello dell’anno, da preferirsi allo stesso maggio. Un manoscritto ci mostra aprile sotto l’aspetto di un sovrano che troneggia, tenendo in una mano un giovane ramo e nell’altra uno scettro. Aprile è il mese cantato dai trovatori, che paiono sentire solamente l’incanto primaverile della natura, come più tardi i pittori del XVII secolo sentiranno solamente lo splendore autunnale.
La prima esplosione di primavera, il dolce sole di Pasqua, i frutteti in fiore sotto la minaccia di un cielo mutevole davano maggior godimento al cuore del contadino del XIII secolo che non i bei giorni dell’estate.
Il mese d’aprile con la sua grazia incerta, il suo mutevole umore, venne concepito come un adolescente coronato di fiori, e così lo ritrassero gli scultori.
Maggio avanza con incedere cavalleresco: è infatti il mese dei gentiluomini.
Con le belle giornate il barone riprende le cavalcate e la caccia: nei calendari dipinti o scolpiti lo vediamo passeggiare sia a piedi, che a cavallo.
Talvolta, come nella vetrata di Chartres, tiene in mano una lancia, ma più sovente si accontenta di un pacifico ramo o di un fiore; spesso tiene sul pugno il suo falcone.
In giugno si falciano i prati: a Chartres il lavoro non è ancora iniziato; è sicuramente il mattino di san Barnaba, data tradizionale, e il falciatore se ne va sul prato, un cappello tondo in testa, la falce sulla spalla, la pietra per arrotare al fianco. Ad Amiens il falciatore è nel pieno del lavoro e conficca la sua falce nel più folto dell’erba. A Parigi il fieno è già asciutto; il contadino lo riporta nel fienile ritornando curvo sotto il carico.
Luglio è il mese della mietitura. A Chartres, come del resto quasi ovunque, il contadino taglia il grano con una falce. Ma nel portale di Notre-Dame a Parigi il mietitore, prima di mettersi al lavoro, affila una grande falce.
In agosto la mietitura non è ancora terminata: essa continua nel portale settentrionale di Chartres, a Parigi, a Reims.
Ma altrove, a Senlis, a Semur, ad Amiens si inizia già la battitura, rude lavoro: il contadino, nudo fino alla cintola, lavora da solo, senza un compagno che lo sostenga con il ritmico battere del suo correggiato.
Settembre.
Il contadino ha appena il tempo di riprendere fiato e già si profila la vendemmia. Nella Francia antica, che pare sia stata più assolata di quella dei nostri giorni, si vendemmiava ovunque alla fine di settembre, e i vignaioli danzavano allegramente nella tinozza; solo la Champagne faceva eccezione: nella cattedrale di Reims a settembre si batte ancora il grano, e solo in ottobre compaiono tinozza e botte; ad Amiens si raccoglie la frutta.
Ottobre vede la conclusione dei lavori del vignaiolo; in Borgogna (Semur) e in Champagne (Reims), il vino che è fermentato nel tino viene travasato nelle botti. Altrove, a Parigi, a Chartres, è tempo di semina; l’uomo che ha nuovamente indossato il mantello invernale sembra camminare lentamente sotto il cielo già freddo di ottobre; il grano riempie il suo grembiule, e il braccio prende lo slancio per disperdere il seme in un largo gesto.
In novembre occorre preoccuparsi dell’inverno che si avvicina. A Reims il paese va a fare provvista di legna; a Parigi e a Chartres vediamo il guardiano di porci con la sua mandria lungo il margine della foresta; sono foreste di querce, le grandi foreste druidiche della Gallia, ancora così folte nel XIII secolo. I venti autunnali hanno fatto cadere le ghiande, e i maiali s’ingrassano per le feste di dicembre. In più di un luogo, a Chartres stessa e a Semur, si ammazzava e salava il maiale già in novembre; ma a Parigi, a Reims, a Senlis si aspettava il mese successivo. Ad Amiens, dove il calendario è un poco ritardato, il paesano procede alla semina.
La fine di dicembre è, come l’inizio di gennaio, tempo di riposo e di sollazzo, e pare che non ci sia altra preoccupazione che di preparare i festosi banchetti natalizi. Bassorilievi e manoscritti non ci mostrano che gente intenta ad ammazzare maiali, macellare buoi, infornare dolci. Talvolta dicembre, come gennaio, è rappresentato con l’aspetto di un festoso compagnone, bicchiere e coltello in mano, seduto davanti a un prosciutto. L’anno inizia e si conclude in letizia.