Capitava che alcune sepolture fossero effettuate prematuramente, e che alcuni cadaveri riesumati mostrassero il viso contratto in smorfie di dolore. Le casse da morto presentavano a volte dei graffi, segno evidente di tentativi disperati di apertura dall’interno.
Nacquero così i racconti e le superstizioni riguardanti morti viventi che di notte uscivano dalle bare e vagavano in cerca del sangue dei vivi per trarne nutrimento. Tali credenze si diffusero soprattutto nelle zone meno civilizzate d’Europa, come i territori orientali dell’impero austriaco.La stessa imperatrice Maria Teresa fu costretta a interessarsi al fenomeno, in seguito a episodi d’isterismo di massa scoppiati in Moravia, Prussia, Ungheria, Valacchia e altri territori.
Il vampiro: nascita di un termine
Il termine vampiro compare per la prima volta nel 1725 in un documento parrocchiale della cittadina di Barn, in Moravia: il cadavere di un certo Andreas Berge viene indicato come “Vampertione infecta”. La parola deriva dal serbo “vampir”, che probabilmente origina a sua volta dal lituano “wempti”, ossia “bere”.
Primi trattati sui vampiri
Nel 1704 Karl Ferdinand De Schertz pubblica uno dei primi trattati seri e argomentati sulla leggenda dei vampiri. L’ipotesi di Schertz è che il fenomeno sia nella maggior parte dei casi originato da superstizioni contadine. Un parere che viene raccolto da numerosi studiosi, tra i quali Johan heinrich Zedler: nella sua opera Universal Lexicon (1732-54) sostiene che alcuni cadaveri riescano a mantenersi in perfetto stato di conservazione grazie a particolari qualità chimiche del terreno. Non mancano però i possibilisti, come Johann Christoph Stock che sostiene l’ipotesi dell’esistenza dei vampiri nella sua Dissertatio physica de cadaveribus sanguisugis (1732).
La Chiesa e la leggenda dei vampiri
Diversi uomini di Chiesa s’interessano al fenomeno del vampirismo al pari degli scienziati. L’arcivescovo di Trani Giuseppe Davanzati è autore di un’interessante Dissertazione sopra i vampiri (1738-43) che prende spunto proprio dagli episodi d’isterismo di massa accaduti in Moravia. Davanzati classifica i vampiri nell’albo delle creature immaginarie, e li attribuisce all’ignoranza di una popolazione arretrata e poco istruita: Perché non si vedono vampiri in Roma, Parigi, Londra o in qualche altra città cospicua d’Europa? (…) Perché i popoli di Slesia, Boemia, Ungheria e Moravia, ove ordinariamente si narrano che succedano queste apparizioni, sono per essi stessi inclinati ad antiquo alle visioni per esser troppo creduli e soggetti all’inganno della fantasia.
Proprio la Dissertazione di Davanzati è lo spunto per l’affermazione autorevole di Papa Benedetto XIV: Tutt’oggi mancano prove sicure e vengono considerate, anzi, dalle persone più sensate come fallaci finzioni della fantasia.
Le apparizioni dei vampiri in Europa
In questo brusco cambiamento di rotta si sente l’influenza di Voltaire, che aveva polemizzato duramente con Calmet dopo l’uscita della prima edizione. L’ambiente illuminista rendeva molto difficile ammettere anche solo per assurdo l’esistenza di morti viventi.
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