Donna Olimpia: un fantasma in carrozza nelle vie di Roma

“Donna Olimpia” Maidalchini: strega o brillante imprenditrice di se stessa?

busto di donna Olimpia Maidachini

busto di donna Olimpia Maidachini

Il 600 è un secolo misogino, nel quale donne erano ancora considerate creature diaboliche  e inaffidabili: se poi erano di potere, ricche e colte come “donna Olimpia” ,potevano attirare su di loro un odio e un disprezzo che sarebbe sopravvissuto a loro stesse, perdurando per secoli.

Una vittima del suo secolo e della sua  brama di potere e ricchezze fu certo Olimpia Maidalchini, ribelle fin dall’adolescenza: per risparmiarsi la dote suo padre, un appaltatore viterbese, vorrebbe chiuderla in convento; dopo aver accusato di violenza carnale l’assistente spirituale che doveva prepararla a prendere il velo, seduce ancora giovanissima il ricco Paolo Nini, dal quale si fa sposare: nel giro di soli 3 anni, e non senza qualche insinuazione di avvelenamento, Olimpia rimane ricca ereditiera ed inizia a frequentare i salotti della Roma che conta.

La Papessa all’ombra di Innocenzo X

Tra la famiglie più in vista del Seicento romano ci sono i Pamphili, di antica nobiltà ma in cattive acque economiche. Per risollevare le loro sorti, stanno spingendo per l’elezione papale di un loro candidato, Giovanni Battista  Pamphili. Nel frattempo Olimpia riesce ad entrare nella famiglia, irretendo con le sue ricchezze Pamphilio, il fratello del cardinale, più vecchio di lei di 31 anni: poco dopo il matrimonio, Giovanni Battista viene eletto papa con il nome di Innocenzo X.

Da quel momento Olimpia diventerà il braccio destro del papa, controllandone ogni attività: si farà nominare principessa e secondo alcuni diventerà anche amante del cognato, meritando il soprannome di Papessa.

La Pimpaccia, protettrice di Bernini

Nelle strade di Roma non si parla che di Olimpia, senza il cui consenso non vengono proclamati vescovi e cardinali e non può essere eseguita alcuna opera pubblica: Pasquino, la voce parlante del popolo romano, ogni giorno le riserva qualche riferimento ingiurioso.
“Chi dice donna, dice danno – chi dice femmina, dice malanno – chi dice Olimpia Maidalchina, dice donna, danno e rovina” si trovò scritto sulla statua un giorno, e ancora il soprannome di Pimpaccia, ispirandosi a Pimpa, una commedia molto nota nel Seicento la cui protagonista era avida e arrivista come Olimpia.

Questo astio popolare non rendeva giustizia al gusto e all’intelligenza di questa donna, che fu mecenate delle arti e protettrice di Bernini: a lei si deve il “placet” per la realizzazione della Fontana dei Fiumi in piazza Navona, probabilmente anche grazie al generoso dono che lo scultore le aveva fatto recapitare, un modellino in argento massiccio della fontana stessa che subito entrò a far parte dello smisurato patrimonio della Pimpaccia.

La leggenda del carro infuocato di  Donna Olimpia

Si vociferava che fosse la tenutaria di un giro di prostitute in Vaticano e che rubasse regolarmente al papa, ma la leggenda più oscura è legata a due casse d’oro nascoste sotto il letto del papa e fatte trafugare da Olimpia proprio mentre il cognato agonizzava morente su quel letto: « ella trasse di sotto il letto papale due casse piene d’oro, se le portò via, e a quanti le chiedevano di partecipare alle spese del funerale del papa rispondeva: “Che cosa può fare una povera vedova?”
La sera del 7 gennaio 1655 Innocenzo X morì e in molti giurarono di aver visto il carro di donna Olimpia uscire in fiamme dalla residenza papale di piazza Navona, colmo di tutte le sue ricchezze, e dirigersi a tutta velocità su Ponte Sisto  terrorizzando i passanti, per andarsi poi ad inabissare nel Tevere con il suo carico di ori e gioielli.

Via Tiradiavoli e il fantasma della Pimpaccia

Fino al 1914 esisteva, fuori Porta San Pancrazio, vicino a Villa Doria Pamphili, via Tiradiavoli: questa strada doveva il suo nome ad un’altra versione della leggenda secondo la quale il carro  infuocato della Pimpaccia venisse inghiottito da demoni in una voragine che portava la donna dritta all’Inferno con le due casse d’oro rubate al papa e tutti i suoi beni materiali. Oggi rimane l’arco dei Tiradiavoli, che segnava l’ingresso nella via omonima.
In realtà dopo la morte di Innocenzo X, privata di ogni potere e autorità, Olimpia si ritirò a Viterbo: tutte le magnifiche ricchezze accumulate non poterono salvarla dalla peste, che la uccise nel 1657.

In molti, nei secoli successivi, affermarono di aver visto il carro infuocato di Olimpia la notte del 7 gennaio tra Piazza Navona e Ponte Sisto: tutti coloro che avevano avuto questa macabra visione erano morti entro pochi mesi e presto a Roma si diffuse la credenza che l’apparizione del fantasma della Pimpaccia fosse un tetro presagio di morte.
Ancora oggi i romani preferiscono non passare in quella zona la notte del 7 gennaio ma chi si trova poco distante può ancora udire le risate diaboliche di Olimpia che, sporgendosi dal carro di fuoco in corsa, ostenta tutto il suo disprezzo per quella città che non l’ha mai accettata e amata.

Donna Olimpia: un fantasma in carrozza nelle vie di Roma ultima modifica: 2017-01-12T15:25:53+01:00 da Irene Marone

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