I Vampiri nella Grecia Classica

Tra mito e leggenda, la figura del Vampiro risale fino all’Antica Grecia. Rappresentato come un essere notturno, di cui tutti dovrebbero avere paura, il Vampiro non è altro che la metafora perfetta per descrivere il timore dell’ignoto. Dagli Antichi Egizi fino ai Goti, tutti i popoli hanno temuto la sua presenza e la “visita notturna”. Un essere spregevole, un demone, raffigurato come il peggiore. I lineamenti deformi, i denti aguzzi, la capacità di succhiare il sangue e l’anima di una persona, o di soggiogarla.

Oggi abbiamo numerosi esempi di Vampiri: hanno cambiato forma e stile di vita nel tempo. Ci riferiamo in particolar modo al Vampiro più famoso di tutti i tempi, Dracula di Bram Stoker. Ma non è stato Stoker a inventare questa figura: Stoker ha solo attinto da testi, fonti e trattati antichi.

Nella Grecia Classica, ad esempio, possiamo trovare sicuramente un rimando molto importante. Tutti noi a scuola abbiamo avuto modo di studiare l’Odissea, il mito greco per eccellenza insieme all’Iliade, attribuito a Omero, la cui esistenza è tutt’oggi fonte di discussione da parte degli studiosi.

In ogni caso, l’Odissea è stata tramandata oralmente per moltissimo tempo: ed è proprio qui che troviamo due casi di cui vi parleremo. Il primo è quello di Tiresia. Premettiamo che è proprio dalla tradizione orale che è nato il Vampiro: voci, sussurri, lamenti su un essere senza anima, in grado di scivolare nella notte.

I Vampiri nell’Odissea

È possibile che le contaminazioni orali abbiano portato gli Antichi Greci a credere alle “leggende del vento”? In parte, sì. Come ci insegna la psicologia, tanto più una voce circola in un ambiente, più le persone saranno portate a crederci ciecamente.

Così, in uno dei più antichi testi del mito, ritroviamo la seguente descrizione, che vi riportiamo per completezza. Si riferisce a Tiresia, un non-morto, che Ulisse cerca di invocare per ottenere delle risposte.

“… E quando con voti e suppliche le stirpi dei morti ebbi invocato, prendendo le bestie tagliai loro la gola sopra la fossa: scorreva sangue nero fumante. S’affollarono fuori dall’Erebo l’anime dei travolti da morte… ma io, la spada affilata dalla coscia sguainando, sedevo e non lasciavo le teste esangui dei morti avvicinarsi al sangue, prima che interrogassi Tiresia…”.

Quando Tiresia appare ad Ulisse, quest’ultimo deve lottare con forza per tenerlo a bada: sono lineamenti esangui, pallidi, mostri avidi di sangue. Possiamo sicuramente definire la prima descrizione ufficiale del vampiro nel mito.

Il popolo greco era molto attento all’evocazione dei morti. Dopo la morte, infatti, c’era un’altra vita, sì, ma un’esistenza condotta alla ricerca continua del sangue e della possibilità di ritornare nel mondo terreno.
Ne consegue che i vampiri, almeno in questa ottica, sono i morti che “desiderano ardentemente tornare in vita cibandosi del sangue mortale e chiedendo in cambio un tributo agli Dèi”.

Ulisse incontra Tiresia nell'Ade

Ulisse incontra Tiresia nell’Ade

Primi cenni del Vampirismo

Troviamo, in seguito, oltre a Tiresia, le sirene, nell’Odissea descritte come in grado di ammaliare totalmente gli uomini e di farli cadere ai loro piedi. Veri e propri mostri da cui stare alla larga, in grado di risucchiare il sangue e l’anima degli individui che cadevano nelle loro trappole.

Contrariamente a Tiresia, qui il vampiro assume il connotato di “essere che brama nell’ombra di in attesa della caccia”. Dunque, unendo le due descrizioni ricavate dall’Odissea, possiamo avere un quadro simile all’idea del vampiro attuale.

Secondo Omero, le Sirene, che avevano un aspetto teriomorfico (divinità dalla forma animale), erano figlie di Calliope e di Achelao. Tuttavia, non è una fonte certa: attingendo da altre fonti, le sirene avrebbero potuto fare parte del corteo di Persefone.

Oggi, la concezione di sirena è ben diversa e ha ben poco del vampiro: per metà donna e per metà pesce, questa descrizione ci giunge dal Medioevo. Omero stesso non descrisse la sirena come un vampiro: semplicemente, possiamo definire il loro comportamento tipico della sua figura.

Nella Grecia Classica, oltre alle rappresentazioni del mito, troviamo numerose leggende, come quello di Empusa.

Chi era Empusa, il vampiro che poteva muoversi anche col sole

Tutto ciò che sappiamo oggi dei vampiri è che sono nemici giurati del sole. Ne basta un raggio, un singolo fascio di luce, per uccidere un vampiro: si disintegrerà totalmente, fino a diventare polvere, tra lamenti e urla. È la sua maledizione: vive di notte, per un motivo ben preciso. Il vampiro è nato dalla paura del buio, dell’ignoto.

Tutto ciò non tocca, invece, il mito di Empusa, che era al seguito di Ecate. Ci riferiamo alla regina del mondo degli spettri, una mutaforma, in grado di trasformarsi in cane, in vacca o in una meravigliosa e ammaliante fanciulla.

Empusa, un demone assolutamente spietato e al contempo lussurioso, soggiogava le sue vittime e le riduceva in fin di vita, esigendo un tributo di sangue. Possiamo trovare numerose fonti sul suo mito nella commedia teatrale di Aristofane “Le Rane”, risalente al 405 a.C.

“Ecco, vedo un mostro enorme, per Zeus… fa spavento! Continua a cambiare aspetto: era un buge e adesso è un mulo. Ecco, ma adesso cambia di nuovo! Ora, è una donna meravigliosa. Ma non è più una donna, perché è diventata un cane. È un’Empusa, allora, è lei!”

Empusa mostro vampiro della mitologia greca antica

Empusa mostro vampiro della mitologia greca antica

Lamia, l’amore per Zeus e la perdita dei figli

Un’ulteriore leggenda vede come protagonista Lamia, un amore di Zeus, il sovrano di tutti gli Dèi e dell’Olimpo. Lamia era una donna; regina della Libia, era figlia di Poseidone e aveva numerosi figli.

Zeus, che si innamorò sin da subito di lei, le dedicò tutto il suo amore, e questo fu per Lamia una sfortuna. Quando Era, la moglie di Zeus, scoprì il tradimento, divenne furiosa con Lamia.

Accecata dalla rabbia, decise di uccidere tutti i figli della donna, eccetto uno, Scilla, che riuscì a scappare e ad avere salva la pelle. Da qui, inizia il “mito”, la leggenda: Lamia, distrutta dal dolore, si rifugiò in una grotta e cominciò ad uccidere i bambini delle altre madri. Oltre ad avere ucciso i suoi figli, Era la maledisse: ella non poteva trovare riposo, in una vita eterna da sveglia.

Zeus decise, dunque, di concedere all’amante un dono: togliersi e rimettersi gli occhi, quando intendeva riposare. Questo, purtroppo, peggiorò solamente le cose: quando si trovava nello stato di veglia, Lamia si aggirava nelle tenebre, alla ricerca di sangue e di vittime sacrificali.

Possiamo dunque affermare che sono questi i primi cenni del vampirismo nella mitologia greca.

Lamia mostro vampirico della mitologia greca antica

Lamia mostro vampirico della mitologia greca antica

Approfondisci la storia dei vampiri e leggi anche Il Vampiro nel Medioevo

I Vampiri nella Grecia Classica ultima modifica: 2019-05-12T12:21:56+02:00 da Stefano Torselli

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